Che Google ci stia facendo diventare tutti più stupidi? Pensiero imbarazzante, domanda controversa. La tesi è stata avanzata di recente da una storia di copertina del mensile The Atlantic Monthly, uno dei maggiori periodici progressisti statunitensi ed ha immediatamente fatto il giro delle prime pagine dei media americani. Docenti Universitari, giornalisti, muscisti anche medici confessano di non riuscire più a leggere un libro, di scorrere solo tra le righe di un articolo e di essere difficilmente in grado di andare al di là del secondo o terzo paragrafo di un blog, non importa quanto bene o male questo si stato scritto. E' come se per queste persone il sapere fosse improvvisamente diventato un universo a due dimensioni. Immenso lungo gli assi orizzontale e verticale ma senza profondità. Che una nuova forma di lettura sta emergendo e che è fatta dal veloce scorrimento orizzontale degli articoli alla ricerca di parole chiave. Marianne Wolf, una psicologa evolutiva della Tuft University e autrice di "Proust and the Squid: The Story and Science of the Reading Brain", ritiene che noi non siamo solo quello che leggiamo ma siamo come leggiamo. Secondo la Wolf, Internet pone l'efficienza e l'immediatezza al di sopra di qualsiasi altra cosa, indebolendo di conseguenza la nostra capacità di leggere profondamente, come facevamo invece quando la carta stampata aveva fatto delle opere letterarie prodotti di largo consumo tra i lettori di tutti gli strati sociali. Per quelli che tendono a liquidare la tesi di The Atlantic in maniera sommaria, classificandola come sospetto vecchio e mai provato, si porta all'attenzione uno studio di James Olds, professore di neuroscienza e direttore del Karsnow institute for Advanced Study della George Mason University. Olds sostiene che il cervello adulto è molto malleabile. Fino a pochi anni fa si pensava che le connessioni neuronali delle persone fossero tutte stabilite tutte durante l'infanzia e che rimanessero immutate nel corso della vita, adesso abbiamo le prove che i neuroni rompono continuamente le vecchie connessioni per formarne delle nuove. Il cervello asserisce Olds, ha la capacità di riprogrammarsi al volo, modificando la maniera in cui funziona. Si deve concludere che in breve finiremo tutti col pensare come Google, conversare come le e-mail e parlare come Twitter. Le persone finiscono inevitabilmente con l'assumere le qualità delle tecnolgie intellettuali che utilizzano. Le tecnologie intellettuali sono quelle che, come fa l'internet, estendono le nostre capacità mentali ma non quelle fisiche. La prova che questo possa veramente avvenire? Trovata addirittura nel carteggio che correva tra Friedrich Nietzsche e un suo amico compositore. Oramai vecchio e debole di vista, Nietzsche acquista una macchina per scivere. All'amico che gli fa notare che questa sta cambiando il suo stile Nietzsche risponde: "E' vero, gli strumenti con i quali scriviamo prendono parte alla formazione dei nostri pensieri". La prosa di Nietzsche era passata dalla retorica allo stile telegrafico, dagli argomenti agli aforismi e dal ragionamento alla battuta.
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