Gif animate e sfondi pesantissimi. Un tripudio di colori (senza troppe preoccupazioni per la leggibilità o il buon gusto), tante tabelle fai-da-te, e soprattutto il regno del tag <blink> per il testo lampeggiante. Ma anche il primo laboratorio vivente dei contenuti generati dagli utenti e di quel web 2.0 che sarebbe esploso qualche anno più tardi.
Questo ed altro ancora è stato GeoCities, il servizio di web-hosting gratuito in cui un po’ tutti abbiamo mosso i primi passi online. E che ora, dopo un lento declino (iniziato già nel 2000, subito dopo l’acquisizione di Yahoo!), ha annunciato la chiusura definitiva sia per gli account Free che Pro.
Già da ora non è possibile creare nuovi account, mentre bisognerà aspettare l’estate per avere maggiori indicazioni su cosa accadrà alle pagine già pubblicate. Intanto è meglio prepararsi per far migrare le vecchie (e nostalgiche) pagine su un altro servizio di hosting. Per la sua semplicità (pagine statiche, poco interattive) e artigianalità (che pure ha portato molte persone ad imparare l’Html o quantomeno a saper utilizzare gli editor alla Frontpage), GeoCities è considerato l’emblema del web 1.0. Ma forse, ha sottolineato Dave Winer, sarebbe meglio dire che è “stata una delle prime applicazioni 2.0, se questo termine ha ancora un senso”. E cioè, GeoCities è stato il pioniere dei servizi per i contenuti generati dagli utenti, il primo nucleo di quella “parte abitata della rete” che sarebbe esplosa molti anni più tardi all’insegna della personalizzazione e del desiderio di community. Da questo punto di vista, blog e social-network non hanno inventato nulla di nuovo.
Eppure, la dura legge della crisi non permette di abbandonarsi ad operazioni-nostalgia: le ultime trimestrali di Yahoo! sono state cupissime, si annunciano centinaia di nuovi licenziamenti; lo sfoltimento dei servizi non redditizzi è già partito (la scorsa settimana è stata annunciata anche la chiusura di Jumpcut entro giugno 2009).
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