TELECOM ITALIA ha fatto arrabbiare i big delle etichette discografiche, a causa di un sito che ha lanciato un mese fa e che proprio ieri ha chiuso, forse sull'onda delle polemiche. È, anzi, era NEXT MUSIC, che conteneva un servizio di streaming musicale, cioè una sorta di radio via internet, accessibile via pc o cellulare, come spiega la guida. L'utente cliccava e ascoltava la musica senza poterla conservare; ben 10 milioni di brani erano disponibili. Peccato che gli autori non fossero d'accordo. Già: appena in tempo per tornare dalle ferie e i boss italiani di varie etichette hanno scoperto la sorpresa Telecom. E si sono infuriati: Universal Music dichiara di non avere mai autorizzato l'uso del proprio catalogo in quel servizio; Emi rincara la dose, "i nostri artisti ne sono stati danneggiati e i consumatori fuorviati", dice Marco Alboni, il dirigente. Ce n'è anche da Enzo Mazza, presidente Fimi (Federazione dell'industria musicale italiana): dice di avere già avvisato da tempo Telecom che il servizio era irregolare.
Com'è potuto succedere? In realtà Telecom è cascata in un infortunio: si è fidata del fornitore sbagliato. Il sito, infatti, che fa parte del portale Telecom Next Open Innovation, "si basava su un accordo di sperimentazione con Grooveshark, il fornitore dei contenuti. Nell'accordo, loro avevano garantito di avere tutti i diritti per la diffusione e quindi si assumono tutte le responsabilità", fanno sapere da Telecom. Una sperimentazione che secondo Telecom "era ormai giunta a scadenza naturale", "l'abbiamo chiusa senza indugi". Coincidenza vuole che è avvenuto proprio il giorno del divampare delle proteste dei discografici.
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