Come alcuni di voi ricorderanno, a fine febbraio abbiamo parlato della discussa sentenza italiana che ha condannato alcuni dirigenti di Google, per la pubblicazione del video in cui un ragazzo down era vittima di atti di bullismo. Ebbene in data di oggi sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza con la quale lo scorso febbraio il tribunale di Milano ha condannato a sei mesi di carcere tre dirigenti di BigG Italia, ritenuti colpevoli di violazione delle norme sulla privacy per non aver impedito o rimosso la pubblicazione di un video su piattaforma Web gestita dalla società Statunitense, in cui si vede appunto un minore affetto da autismo insultato e umiliato dai compagni di classe.
Riportiamo alcuni passi della sentenza: "Non esiste nemmeno la sconfinata prateria di Internet dove tutto è permesso e niente può essere vietato, pena la scomunica mondiale del popolo del Web. Esistono invece leggi che codificano comportamenti e che creano degli obblighi che, ove non rispettati, conducono al riconoscimento di una responsabilità penale", si legge nelle motivazioni, depositate oggi dal giudice Oscar Magi. "Google Italy trattava i dati contenuti nel video caricati sulla piattaforma e ne era responsabile quindi per lo meno ai fini della legge sulla privacy. L'informativa (sulla privacy) era del tutto carente e comunque o talmente nascosta nelle condizioni generali del contratto da risultare assolutamente inefficace per i fini previsti dalla legge", è scritto ancora nelle motivazioni.
Google risponde in serata con un comunicato alquanto stizzito, informando che ricorrerà in appello contro la sentenza. "Questa condanna attacca i principi stessi su cui si basa Internet. Se questi principi non venissero rispettati, il Web così come lo conosciamo cesserebbe di esistere e sparirebbero molti dei benefici economici, sociali, politici e tecnologici che porta con sé. Si tratta di importanti questioni di principio ed è per questo che noi e i nostri dipendenti faremo appello contro questa decisione".
Per quanti non lo ricordassero, la sentenza aveva provocato una Eco Internazionale, mettendo in cattiva luce tanto i tribunali italiani, che la libertà di stampa nel Belpaese, e la stessa ambasciata americana in Italia si era detta "delusa" dal verdetto, citando le parole della segretario di Stato Hillary Clinton.
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