Facebook è uno dei servizi Web degli ultimi anni che ha avuto maggiore successo, tanto che ormai si contano nel mondo centinaia di milioni di iscritti al social network. Il problema è molti utenti continuano a collegarsi al sito anche durante l’orario lavorativo per aggiornare il proprio profilo e postare nuovi contenuti. Il fenomeno sta raggiungendo dimensioni tali che le aziende, per contrastare il calo di produttività dei propri dipendenti, spesso sono costrette ad applicare filtri che bloccano l’accesso a Facebook. A tal proposito recentemente è stata coniata una nuova violazione disciplinare che prende il nome di “assenteismo virtuale”, che viene attribuita al dipendente che “perde tempo” in attività private durante l’orario di lavoro: in tal caso, se riconosciuto inadempiente per assenteismo virtuale, può subire sanzioni anche gravi, tra cui il licenziamento. Tale provvedimento può essere applicato anche chi parla male del proprio superiore oppure diffonde su Facebook informazioni riservate relative a quanto avviene in azienda. Il diritto di critica del dipendente infatti, come confermato dalla Cassazione, è limitato da obblighi di collaborazione e di fedeltà e, poiché il social network è considerato un luogo pubblico, commenti e divulgazione di dati sensibili tramite il sito possono essere punite per legge. Va detto però che anche per le aziende esistono precisi limiti: non possono infatti utilizzare Facebook per analizzare la vita e abitudini di un candidato in fase di reclutamento del personale. Tale pratica è infatti punita con sanzioni penali dallo Statuto dei Lavoratori e dal Codice della Privacy.
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