. Qualche tempo fa Julian Assange si era scagliato contro Facebook reputandolo uno strumento con il quale i governi mondiali potessero spiare e controllare i cittadini. Quanto accaduto venerdì scorso sembra confermare la tesi del fondatore di WikiLeaks. Il governo d'Israele, infatti, ha utilizzato Facebook per stilare una lista di utenti filo-palestinesi, in tutto circa 300 persone, riunite in un gruppo creato sul social network e tramite il quale avevano pianificato un viaggio di protesta fin nel cuore dello stato istraeliano. Compilata la lista, Israele l'ha fatta recapitare alle varie compagnie aeree mondiali, specificando che le persone contenute nella lista non sarebbero state accettate. Molti dei 300 inclusi nella lista sono stati bloccati dai controlli aeroportuali ancor prima di partire, direttamente nei paesi di cui posseggono cittadinanza, coloro che, invece, sono riusciti a partire, una volta giunti in Israele sono stati dirottati in una zona sicura di Tel Aviv e da lì velocemente deportati. Il governo israeliano ha giustificato l'azione spiegando che i dimostranti avevano pianificato di causare danneggiamenti e sommosse in città ed all'intera nazione, mentre questi ultimi hanno dichiarato che le loro intenzioni erano semplicemente quelle di portare la propria protesta all'attenzione mondiale e far avviare un'inchiesta contro lo Stato d'Israele.
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