PayPal si aggiunge alla lista dei servizi che, molto probabilmente sotto la pressione del governo degli Stati Uniti, sbattono fuori dalla porta Wikileaks, chiudendo l'account con il quale il portale raccoglieva le donazioni. PayPal ha tentato di giustificare questa mossa, affermando che Wikileaks abbia violato la sua politica. Il servizio offerto da PayPal non può essere utilizzato per qualunque attività che incoraggi, promuova, faciliti o inviti gli altri ad impegnarsi in attività criminali. PayPal era, fino ad oggi, uno dei tanti modi con cui Wikileaks raccoglie le donazioni dei propri utenti, senza ombra di dubbio si trattava comunque del metodo più sicuro e conveniente per tutti. Le altre metodologie di donazione a favore di Wikileaks sono: via posta tradizionale, in una casella postale situata Australia, tramite bonifico bancario su conto corrente in Svizzera, Germania o Islanda, oppure tramite un partner che si occupa dell’elaborazione delle carte di credito in Svizzera. Julian Assange, già nei giorni scorsi, dichiarò che se Amazon non sa rispettare il primo emendamento, dovrebbe ritirarsi dal mercato dei libri. Questa frase ottenne il consenso di migliaia di utenti, che per protesta chiusero immediatamente i loro account su Amazon e, a quanto pare, lo stesso si sta verificando su PayPal, dove le chiusure degli account aumentano di ora in ora. Le grandi aziende americane, stanno chinando il capo davanti al pugno duro imposto dal loro governo, non è plausibile pensare che solamente oggi PayPal si sia svegliata accorgendosi di cosa si occupasse Wikileaks decidendo che stava violando i termini d’uso, è molto più plausibile pensare che fino ad oggi faceva comodo, anche chiudendo un occhio, avere come cliente Wikileaks, ora che però le acque si fanno più scure ed agitate, hanno ben pensato di scaricare lo scomodo inquilino dai loro server.
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