Continua lo scontro tra maggioranza e opposizione, a partire dai dati di ascolto, sulla puntata di Porta a Porta di martedì che ha visto ospite di Bruno Vespa il premier Silvio Berlusconi. Il centrosinistra compatto accusa "l'autocelebrazione" del presidente del Consiglio in una televisione del servizio pubblico, mentre il centrodestra fa quadrato intorno al suo leader. Sarà la Vigilanza Rai a occuparsi della faccenda. Zavoli chiede chiarezza. Dunque, la Commissione parlamentare di Vigilanza ha convocato il direttore generale della Rai, Mauro Masi, per il 23 settembre. Il presidente Zavoli ha richiamato il dovere della Commissione di acquisire gli elementi necessari per una serena e completa valutazione dei criteri che hanno fin qui ispirato le decisioni e gli atti adottati dalla Rai. "Si dovrà essere fermi nell'esigere - spiega - che dai nostri lavori si traggano indicazioni vincolanti nell'interesse della Rai, cioè di quella che è ancora la più grande industria culturale del Paese". Ok da Pdl e Lega Una convocazione che piace pure al Pdl e alla Lega, anche se non mancano precisi paletti, a cominciare dalla richiesta del vicepresidente della Commissione, Giorgio Lainati (Pdl) per il quale non devono esserci "aggressioni in stile Di Pietro". Segue Alessio Butti, capogruppo Pdl in Vigilanza, che aggiunge nel dettaglio alcuni elementi: "Si dovranno affrontare non solo gli argomenti alla ribalta della cronaca, ma anche il piano industriale, il nuovo contratto di servizio e soprattutto andranno chiariti i motivi per cui vengono procrastinate le nomine a Rai3 e Tg3", ovvero se tutto sia legato o meno al prossimo "congresso del Pd". Su Porta a Porta, interviene anche Daniele Capezzone, che difende il premier: "Berlusconi - sbotta il portavoce del Pdl - è in sintonia con il Paese, con le attese e le speranze degli italiani, che chiedono alla politica cose concrete. La puntata di Porta a Porta è' stata la dimostrazione plastica di questo". Il Pd non molla Sarà. Ma intanto il Pd non molla la presa. Va all'attacco Antonio Di Pietro: "Visto il crollo degli ascolti, ritengo che Berlusconi debba apparire e danneggiare le sue televisioni e non quelle del servizio pubblico. Mentre Vespa raccatta un umile 13,47% di share, Mediaset si frega le mani con gli incassi pubblicitari dei suoi canali". E Massimo D'Alema non si risparmia: "Berlusconi - sbotta - si conferma ogni giorno quale principale ragione di conflittualità" per il paese e aggiunge: "Trovo già notevole che il 13 per cento dei telespettatori abbia guardato questa sorta di bollettino di regime. E' stata un'autocelebrazione abbastanza imbarazzante, come imbarazzante e' il fatto che il servizio pubblico si presti a scopi di propaganda".
Tratta dal "Corriere delle Sera" di oggi, trascriviamo una stralcio dell' intervista a Bruno Vespa: Garko sostiene: la gente ha voglia di distrarsi. «Mai avrei pensato di battere una fiction di Canale 5. Ridicolo. Nessuno che sappia un minimo di tv lo farebbe. La nostra puntata è stata enfatizzata senza motivo. Da sempre apriamo la stagione invitando il capo del governo del momento. Berlusconi aveva accettato per la seconda serata. Poi è arrivata la decisione della direzione generale di affidarci la prima serata. A mio avviso l’avvenimento lo giustificava». E la cancellazione di «Ballarò»? «L’ho detto. Uno slittamento di due giorni non è un attentato alla libertà di stampa. È una decisione aziendale. E ripeto. Non ho deciso io sulla collocazione in palinsesto ». Si parla di telefonate di Palazzo Chigi al direttore generale Mauro Masi per ottenere questo risultato. «Non ne so nulla». Ha scritto Aldo Grasso: Vespa doveva opporsi allo slittamento di «Ballarò» e di «Matrix». Cosa risponde? «Grasso mi attribuisce straordinari poteri, che non ho, non solo sui palinsesti Rai ma anche di Mediaset. Ahimè, non mi hanno telefonato. Devo proprio deluderlo». Ancora Grasso: martedì c’è stata una «tv dell’obbligo». «Per me c’era solo un obbligo, questo sì. Ma di servizio pubblico per la fine di un’emergenza colossale» . L’accusano di aver fatto eco a Berlusconi durante la trasmissione: «Un record, un miracolo »... Non era eccessivo? «Alcune frasi non esistono. Ma se si sta ai fatti, ciò che è accaduto a L’Aquila nella gestione dell’emergenza è un vero record. Sono invece molto preoccupato per la ricostruzione che si annuncia complessa, costosa. Non vedo idee chiare né dal governo né dagli enti locali che dal 1 gennaio assumeranno il peso dell’operazione». Carlo Verna, segretario dell’Usigrai, dice: Vespa sembrava Carlo Campanini, ottima spalla di Silvio Berlusconi. «Espressione volgare e deludente che stona in bocca a una persona seria come Verna. La prossima volta venga lui a intervistare Berlusconi a Porta a Porta. Lo invito. La spalla? Sfido chiunque a individuare qualcuno che abbia rivolto a Berlusconi domande sul conflitto di interessi con la mia stessa chiarezza». Come farà, dopo le liti, senza Franceschini e Di Pietro? «Mi chiedo invece: come faranno Dario Franceschini e Antonio Di Pietro senza Porta a Porta? Ricordo che Di Pietro nelle ultime due stagioni si è seduto sulla nostra 'sedia elettrica', in 14 puntate contro le 7 di Berlusconi». Quindi inviterà altri esponenti del Pd e dell’Idv? «I partiti non si identificano solo con i loro segretari». E nel caso di un’alzata di scudi, di un «no» generalizzato delle opposizioni, come farete con la par condicio? «Io affronto i problemi quando si manifestano. Per rispettare la par condicio è comunque indispensabile che si sia in due». Il presidente della Rai, Paolo Garimberti, ha protestato con Berlusconi per le accuse rivolte a Raitre, a «Ballarò», «Annozero», «Report». Non era meglio fermare Berlusconi? «Capisco che è sempre inelegante attaccare quando ci si trova in una posizione di forza. Ma se Berlusconi è costantemente attaccato da Raitre e da molte sue trasmissioni, non ci si può lamentare se poi Berlusconi attacca Raitre...». Perché reagisce sempre male quando si discute di lei, di «Porta a porta», dei suoi compensi? «Ho tanti motivi di doglianza. Tra il 1993 e il 1994 avevo portato il Tg1 al successo contro il Tg5. Fui epurato per un anno. Nessuno protestò. Nella campagna elettorale 1994 fui relegato nel pomeriggio in una trasmissione con Giovanni Sartori, in prima serata c’era Lilli Gruber. Nessuno disse niente. Pier Luigi Celli minacciò di chiuderci, salvo poi pentirsi. Silenzio. La libertà di informazione dove comincia e dove finisce? I compensi? Perché solo i miei sono pubblici quando quelli, per esempio di Fabio Fazio o Daria Bignardi, passano in Consiglio e filano via in silenzio? Sospetto due pesi e due misure. Con i moderati Rai sempre in difficoltà». In tanti la definiscono «berlusconiano». La sua reazione? «Frutto dell’invidia. Aspetto sempre che, in trasmissione, i giornalisti ospiti rivolgano a Berlusconi domande che io non propongo. Perché non ho paura delle domande 'vere' e infatti le faccio. Berlusconiano? Ma se oggi significa, per qualcuno, dare dell’appestato...».
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