Flop della nuova tecnologia: in Piemonte schermi oscurati, antenne che non funzionano. Ad un mese dallo spegnimento della Tv analogica, il passaggio alla tecnologia digitale si rivela un'odissea. Disagi e proteste non vogliono saperne di placarsi, al contrario si moltiplicano. Canali che spariscono, ricompaiono, si spengono di nuovo. Centinaia i messaggi su forum di ogni genere, blog aperti al solo scopo di scoprirne i segreti, lettere ai giornali, e adesso anche la rivolta degli installatori: «Siamo stati esclusi da qualsiasi piano di conversione, non abbiamo alcun numero di telefono dedicato al quale rivolgerci, e ormai da settimane siamo lo sfogo dell’ira dei cittadini», dice Umberto Pellegrini, voce torinese della rivolta degli antennisti. Impianti appena installati «devono essere modificati dopo pochi giorni, perché i segnali cambiano, o cambiano i punti di trasmissione». Sul piede di guerra anche Luigi Ricca, assessore al Commercio del Piemonte: «Nel passaggio al digitale - dice a margine di Alpi365, Biennale della montagna inaugurata venerdì - abbiamo dovuto intervenite noi per i ripetitori tv nei siti montani». E polemica riaccende polemica: «Si parla molto dei problemi della montagna, ma nella pratica c’è chi fa molto poco».
Soltanto nel Piemonte occidentale, il passaggio analogico-digitale sta coinvolgendo 900 Comuni, quasi 1500 impianti riconvertiti, tre milioni di persone interessate. Al momento, il «flop digitale» non è soltanto un problema dei Comuni più piccoli e lontani. Anche nel cuore di Torino il digitale arriva a singhiozzo, o non arriva affatto: «Colpa delle antenne vecchie da aggiornare», ha dichiarato giorni fa a La Stampa Andrea Ambrogetti, presidente di Dgtvi, il Consorzio che ha gestito la fine dell’analogico. «Falso - ribattono gli antennisti - la verità è che molti segnali cambiano in continuazione, interferiscono, o passano da un punto di trasmissione all’altro».
Avremmo dovuto avere - tutti e subito - immagini e audio «pulitissimi», e presto una ricca offerta di canali e servizi interattivi che non esistono ancora. «Con 25 televisioni private che occupano ognuna 5 o 6 canali, più tutte le televisioni nazionali, il Piemonte sta facendo la cavia d’Italia», è il commento del vicepresidente del Corecom, Roberto Rosso, che ha avviato un monitoraggio sulla potenza del segnale dei quaranta ripetitori regionali. «Il problema principale restano quelli di montagna con ancora ampie zone d’ombra - prosegue Rosso -: meglio sarebbe stato se accanto al digitale, almeno per la fase del rodaggio, avessero lasciato ancora l’analogico». Aggiunge: «Anche nel Lazio, mi ha riferito il collega del Corecom di Roma - il segnale dalla Corsica copre quello locale».
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