Il viceministro Paolo Romani ha firmato il decreto che fissa la determinazione del canone annuo della Rai e, come per le altre annualità, è stato riconosciuto il tasso di inflazione programmato. Da 107,5 euro il canone passa dunque a 109 euro. Lo si apprende da fonti del ministero dello Sviluppo economico. A conti fatti l'azienda incasserà circa 24 milioni in più. No dell'Agcom È "assolutamente da evitare l'aumento del canone. Soprattutto a fine 2009, anno che ha visto il passaggio al digitale diverse aree, tra cui Roma, con notevoli difficoltà per i cittadini". Lo afferma una nota del consiglio nazionale degli utenti (Cnu), organismo dell'Agcom. "Abbiamo più volte espresso la nostra contrarietà all'aumento del canone - continua la nota -. Sarebbe, infatti, utile che i cittadini conoscessero con esattezza quali attività il canone va a finanziare e quali invece sono realizzate con la pubblicità. Una manovra inopportuna anche considerato il fatto che è stato ridimensionato il Qualitel". Protesta l'Aduc "Un aumento puntuale - scrive in una nota sul proprio sito l'associazione consumatori Aduc - che arriva a premiare l'attivita' del servizio d'informazione radiotelevisiva, per la propria emerita opera al servizio del contribuente e delle istituzioni. E per far sì che, con maggiori introiti, il servizio migliori, così come dimostrato negli anni passati. Mentre per il futuro, il recupero dell'evasione, anch'essa puntualmente evocata dal ministro di turno, fa intravedere scenari armoniosi e utili al bene e all'informazione comune". Ma non è così, precisa l'Aduc. Per quale motivo? "La Rai è come il finanziamento pubblico ai partiti. Nessuno tra i politici lo combatte perche' tutti ci inzuppano. Con le dovute e sparute eccezioni che si contano al massimo su due mani, i nostri rappresentanti istituzionali si spartiscono lo spartibile e chetano subito dopo tutte le contestazioni politiche o fiscali che siano, così come fanno quei giornali che lanciano campagne contro il canone e poi lasciano tutto lì".
ADUC
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