Quanto vale una buona reputazione? Su alcuni servizi internet, come eBay, può valere moltissimo. I clienti del popolare sito di aste online, infatti, assegnano un "feedback", una valutazione della correttezza del venditore, dopo ogni transazione. Una percentuale del 100% di giudizi positivi, quindi, garantisce sull'onestà del banditore. Si chiama crowdhacking, ed è l'ultima variante delle frodi sul web. Feedback gonfiati artificialmente, curriculum senza macchia costruiti a tavolino per "accalappiare" gli ignari internauti. Che si fidano dei giudizi - che credono inviati da altri utenti - e comprano.
A lanciare l'allarme è la rivista "Wired", che dedica al fenomeno tre pagine. E racconta i "colpi" meglio riusciti. Come quello di Nancy Dreksler, che in questo modo ha "guadagnato" un a piccola fortuna. Si è costruita una reputazione vendondo su eBay articoli di poco valore, come cd e dvd. E quando ha raggiunto un feedback del 100%, ha messo in vendita 100mila dollari di articoli inesistenti ed è scappata con il denaro.
Per eBay si tratta di un rischio mortale. Se dovesse venir meno la fiducia degli utenti nel servizio, il sito d'aste crollerebbe.
Ma non sono solo i siti d'aste ad essere nel mirino. Ovunque ci sia un feedback, una recensione o un voto dell'utente, c'è la possibilità di imbattersi in un crowdhacking. Anche gli aggregatori di news on-line sono sotto tiro. Su Digg.com, gli utenti votano le storie che devono andare in prima pagina. Ma anche la popolarità di un pezzo, proprio come il feedback di un venditore su eBay, può essere gonfiata artificialmente. Esistono addirittura dei siti deputati a questo: User/Submitter, ad esempio, che per 20 dollari, più 1 per voto, promette al tuo articolo di arrivare in prima pagina.
Il guadagno derivante da attività come queste può essere enorme. La prima pagina di Digg è visitata da milioni di persone: con un po' di fortuna, una storia che vi compaia può raggiungere i primi posti nelle ricerche su Google. E, per la gioia degli inserzionisti, incrementare di colpo gli accessi del sito su cui è pubblicata. Kevin Rose, il fondatore di Digg, dice di stare lavorando per impedire queste manipolazioni. Ma ancora non si vedono risultati.
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