Sembra non avere fine lo scontro tra Sony e gli hacker che sono riusciti ad aggirare la protezione della PlayStation 3. L’azienda giapponese si è infatti rivolta alla Corte della Carolina del Nord e ha depositato un’ingiunzione contro l’hacker George Hotz, meglio noto come Geohot, e i componenti del team fail0verflow, chiedendo la rimozione dai siti Web di tutte le informazioni che possono ricondurre all’hack della console. Secondo Sony, infatti, la pubblicazione della root key della console viola il DMCA (Digital Millennium Copyright Act) e il Computer Fraud and Abuse Act dal momento che consente di aggirare le protezioni del dispositivo e far eseguire giochi piratati. Inoltre Sony accusa Geohot di avere un ritorno economico dalla vicenda accettando le donazioni sul suo account PayPal. È così successo che Geohot ha rimosso dal proprio sito le pagine Web contenenti la root key della console (peraltro oramai divenuta di dominio pubblico), per poi ripristinarle dopo aver interpellato il propri legali. Ma non finisce qui. L’azienda nipponica starebbe sviluppando un sistema in grado di contrastare l’hack della console. Se fino ad ora ha rilasciato di volta in volta solo aggiornamenti del firmware obbligatori per accedere alla PlayStation Network, si potrebbe adesso profilare persino il blocco da remoto delle console hackerate. Secondo alcune informazioni diffuse in Rete, la console, quando connessa ad Internet ed indipendentemente dall’aver effettuato il login a PSN, comunicherebbe comunque con i server Sony. Ma non solo: i pacchetti di dati inviati potrebbero contenere i codici identificativi della PS3 che consentirebbero all’azienda nipponica di rilevare la presenza di software illecito installato o utilizzato dalla console. A questo punto, secondo taluni, Sony, individuando una console hackerata, potrebbe decidere di bannarla dai servizi online o, nel caso peggiore, di bloccarla da remoto e renderla di fatto inutilizzabile.
|