I ricercatori della British Columbia Vancouver University hanno analizzato la capacità di recupero delle informazioni da parte dei socialbot, per effettuare lo studio sono stati rilasciati diversi "socialbot" all'interno di Facebook, tutti dotati di false credenziali, un immagine fittizia per il profilo e della capacità di inviare messaggi e richieste di amicizia autonomamente. I bot hanno inviato richieste di amicizia a più di 5000 utenti facebook scelti a caso (ogni account era limitato all'invio massimo di 25 richieste al giorno), nelle prime due settimane di azione dei bot, 976 richieste (circa il 19%) sono state accettate. Nelle sei settimane successive i bot hanno inviato richieste di amicizia agli amici di coloro che li avevano accettati, su 3517 richieste, 2079 utenti hanno accettato (circa il 59%). Questa elevata percentuale è dovuta a ciò che i ricercatori chiamano "principio della triade chiusa", secondo il quale due utenti con un amico in comune hanno tre volte più possibilità di fare amicizia. Molteplici i risultati dello studio, da un lato sono stati evidenziati diversi limiti di Facebook: soltanto il 20% dei bot è stato individuato e bloccato dal sistema per l'individuazione dei profili falsi. Dall'altro si è dimostrato un principio di socialità degli esseri umani e sono stati verificati alcuni fattori che incrementano le possibilità di stringere contatti (come appunto avere un amico comune). Inoltre è stato possibile dimostrare con quanta facilità sia possibile entrare in possesso dei dati personali degli utenti, i bot hanno, infatti, fatto incetta di indirizzi email, nomi propri, indirizzi fisici e altro, riuscendo a recuperare oltre 250 GB di dati.
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